di
Pietro Amante

Secondo una ricerca Usa alcune proteine alimentari passano integre fino all’intestino crasso, interagendo con la flora batterica e generando effetti indesiderati, tra cui malattie infiammatorie e disturbi metabolici

Con la crescente popolarità delle diete ricche di proteine, un nuovo studio suggerisce che classificare le proteine alimentari come di «origine animale» o «vegetale» non riesce a cogliere efficacemente le differenze specifiche in termini di composizione, efficienza digestiva e accessibilità al microbiota intestinale. Lo studio della North Carolina State University (Ncsu), pubblicato su Food & Function, dimostra che non tutte le proteine vengono digerite allo stesso modo. Alcune vengono digerite in modo meno completo di altre, spostandosi invece nell’intestino crasso, dove le loro interazioni con il microbiota intestinale – la flora batterica all’interno dell’intestino – possono spesso avere effetti significativi.

L’analisi 

Utilizzando la spettrometria di massa ad alta risoluzione, lo studio ha esaminato il destino delle proteine purificate da sei diverse fonti – soia, caseina, riso integrale, lievito, piselli e albume d’uovo – sia nel topo germ-free (privo di microbiota intestinale) sia nel topo con microbiota convenzionale. Questa metodologia ha permesso ai ricercatori di distinguere quali proteine sfuggono alla digestione dell’ospite e diventano disponibili alla flora batterica intestinale.



















































«Volevamo monitorare non solo la quantità di proteine digerite dall’ospite, ma anche quali specifiche proteine sfuggono alla digestione per interagire con il microbiota intestinale nel colon e, infine, quali proteine riescono a uscire dall’intestino» spiega Ayesha Awan, autrice principale e co-autrice corrispondente di un articolo che descrive lo studio. «Questo è particolarmente importante in un momento in cui molte persone tendono a incorporare più proteine nella propria dieta. Le proteine non del tutto digerite raggiungono il colon, dove possono interagire con la flora batterica locale, e queste interazioni potrebbero non avere sempre l’effetto desiderato nella dieta».

Con grande sorpresa dei ricercatori, nei campioni fecali di entrambi i gruppi di topi sono state rilevate proteine alimentari provenienti da tutte le fonti. Ciò suggerisce che anche le proteine che si presume siano digeribili con la maggiore facilità possono raggiungere il colon e fungere da nutrimento per il microbiota intestinale. «Per esempio, l’albume d’uovo è spesso considerato una fonte proteica altamente digeribile, ma il nostro studio dimostra che una parte considerevole di esso sfugge alla digestione» aggiunge Awan. «Inoltre, le proteine del riso integrale costituivano circa il 50% delle proteine fecali, e questo dimostra che non vengono digerite in modo molto efficiente dall’ospite o dal microbiota intestinale».

Manuel Kleiner, docente di biologia vegetale e batterica alla Ncsu e coautore corrispondente dell’articolo, aggiunge che lo studio dimostra che non tutte le fonti proteiche agiscono allo stesso modo: «Spesso si pensa alle differenze tra proteine animali e proteine vegetali, mentre quello che stiamo scoprendo è che in realtà si tratta molto più di specifiche fonti proteiche che non di una dicotomia tra animale e vegetale».
Inoltre, lo studio ha scoperto che il microbiota intestinale ha una forte influenza sulle proteine che persistono nel tratto intestinale. Proteine specifiche all’interno di ciascuna delle fonti si degradano in modo più marcato nei topi con flora batterica intestinale rispetto ai topi che ne sono privi o, al contrario, ne risultano arricchite. In particolare, diverse proteine derivate dalla dieta con funzioni rilevanti per la salute dell’ospite sono tra quelle ad abbondanza differenziale più marcata. Per esempio, fattori antinutrizionali come l’inibitore della tripsina di Kunitz nella soia e diverse proteine antimicrobiche dell’albume d’uovo, tra cui lisozima e avidina, sfuggono alla digestione e sono accessibili al microbiota intestinale. «Le proteine alimentari hanno un impatto significativo sulla fisiologia dell’ospite» osserva Kleiner. «Ma dobbiamo ancora capire se queste proteine siano intatte o attive quando raggiungono il colon».

Il ruolo dell’intestino crasso 

Lo studio della Ncsu è unico in quanto esamina diverse regioni del tratto digerente, anziché solo le feci. I ricercatori hanno così scoperto che la digestione nellintestino tenue è poco influenzata dalla presenza o dall’assenza di flora batterica intestinale. Le differenze nel trattamento delle proteine alimentari si verificano solo nell’intestino crasso e nelle feci. Questi risultati evidenziano il ruolo significativo del microbiota intestinale nel plasmare il destino delle proteine alimentari nell’intestino crasso. «Questo lavoro segue le proteine in tutto il loro percorso nell’intestino, non solo nell’ultima tappa», precisa Kleiner. «La maggior parte della digestione avviene allo stesso modo all’inizio, nell’intestino tenue, in modo indipendente dal fatto che i topi abbiano o meno un microbiota».
«Ciò significa che nell’intestino tenue la presenza o meno di un microbiota intestinale potrebbe non avere un grande effetto sul modo in cui le proteine vengono processate» aggiunge Awan. «Questo ha senso perché nell’intestino tenue sono presenti meno microbi e non hanno molto tempo per interagire con le proteine alimentari. Le principali differenze che abbiamo osservato si trovano nell’intestino crasso, dove il microbiota ha una maggiore interazione con le proteine e può modificarle o degradarle. Tali interazioni possono influenzare la produzione di cataboliti, come gli acidi grassi a catena corta o gli indoli, che possono influire sulla salute dell’ospite». Inoltre, una digestione inefficiente delle proteine funzionali nell’intestino – inclusi inibitori enzimatici, lectine e proteine antimicrobiche – potrebbe suggerire possibili ruoli nella modulazione della fisiologia intestinale e della composizione microbica
Questi risultati suggeriscono che la fonte proteica alimentare è un fattore importante da considerare quando si cerca di comprendere gli effetti sulla salute associati alla dieta, tra cui le malattie infiammatorie intestinali e i disturbi metabolici. «Gli studi futuri si concentreranno su come diverse fonti di proteine alimentari e le loro interazioni con il microbiota intestinale possano influenzino la salute dell’ospite» conclude Kleiner.

12 novembre 2025 ( modifica il 12 novembre 2025 | 11:28)