Le varie versioni del digiuno intermittente sono molto popolari, grazie al continuo sostegno di personalità dello spettacolo e non solo, e alla facilità (relativa) con la quale si può sperimentare, senza bisogno di particolari consulenze mediche. Ma quanto c’è di fondato nelle promesse di questi regimi? E quali sono, se ce ne sono, i rischi?
Per tentare di rispondere, Scientific American ha pubblicato un resoconto degli ultimi e più significativi studi interpretati da alcuni esperti, che fa emergere la scarsa fondatezza scientifica della reputazione del digiuno intermittente, e i possibili rischi, soprattutto per persone con particolari condizioni di salute. Un bilancio riassunto da Stefan Kabisch, esperto di metabolismo dell’ospedale universitario della Charité di Berlino: “L’entusiasmo non è mai stato realmente sostenuto da prove solide ottenute negli esseri umani”.
Gli studi sui benefici
Uno dei limiti principali degli studi che hanno suggerito possibili effetti positivi è la loro variabilità: negli anni sono stati sperimentati così tanti protocolli che è quasi impossibile dedurre messaggi univoci.
Tra i benefici che sembrano più probabili vi è quello sulla sensibilità all’insulina, che potrebbe migliorare e aiutare a prevenire o a curare l’accumulo di grasso nel fegato (la steatosi epatica), soprattutto quando è accompagnato di un’attività fisica regolare. È stato suggerito, per esempio, in uno studio del 2023. Il quale, tuttavia, pur mettendo a confronto diversi tipi di digiuno e di esercizio, non aveva gruppi di controllo nei quali i partecipanti, a parità di apporto calorico, non praticassero un’astensione dal cibo. E questo, ovviamente, rende dubbi i risultati.
L’entusiasmo verso il digiuno intermittente non sembra essere sostenuto dai dati sugli esseri umani
A conclusioni positive sono giunte anche due metanalisi, una di studi su persone con diabete e una su soggetti obesi, le quali hanno suggerito che il digiuno intermittente possa avere effetti positivi sul peso, sulla glicemia, sui grassi del sangue e sulla pressione. Tuttavia, anche nella maggior parte di questi studi non c’erano controlli adeguati, perché avevano messo a confronto persone che avevano digiunato con altre che non avevano fatto nulla.
Digiuno intermittente o restrizione calorica?
In altri termini, gli effetti positivi emergono solo quando si confronta il digiuno intermittente con nessun intervento sulle calorie o nessuna forma di digiuno. Non appena si paragonano diete nelle quali, con modalità diverse, c’è la stessa restrizione calorica, i benefici del digiuno svaniscono. Perché ciò che conta è la diminuzione delle calorie, unita all’attività fisica. Lo stesso accade con la sensibilità all’insulina, oggetto di un’ulteriore metanalisi che è giunta alla conclusione che non ci sono vantaggi.
La controprova è in uno studio del 2021, nel quale i ricercatori dell’Università di Bath, nel Regno Unito, hanno confrontato persone che praticavano il digiuno con altre che non lo facevano, facendo però assumere a tutti lo stesso quantitativo di calorie. Non è emersa alcuna differenza. Al contrario, il grasso addominale è diminuito di più in chi non digiunava.
I rebound
Tra le critiche mosse al digiuno intermittente c’è quella dei possibili effetti rebound, come il fatto che, chi interrompe il digiuno, può cercare spontaneamente alimenti più calorici, per compensare. Per capire che cosa succede si possono osservare le persone che seguono il digiuno rituale del Ramadan: le concentrazioni medie di glucosio alla fine del periodo di astensione dal cibo sono superiori rispetto a prima, come ha mostrato uno studio del 2023 svolto in diversi Paesi arabi, e questo espone i diabetici a rischi non indifferenti. La conferma è anche nell’aumento della grelina, l’ormone che regola la fame, più marcato in chi segue il Ramadan, come ha mostrato una metanalisi dello scorso febbraio.
Quando si interrompe il digiuno c’è il rischio di un effetto rebound, che spinge a cercare alimenti molto calorici
I possibili effetti negativi
Negli anni scorsi ci sono stati alcuni studi che hanno mostrato la possibilità che chi digiuna abbia un aumento del rischio di morte e di alcune malattie cardiovascolari. Tuttavia, anche in questo caso, non ci sono conclusioni definitive perché si è quasi sempre trattato di studi epidemiologici, che non hanno stabilito l’esistenza di un rapporto di causa ed effetto ma solo quella della coesistenza di due fenomeni. Inoltre la raccolta delle informazioni sulle abitudini alimentari è stata spesso eterogenea e limitata ai giorni prima dell’avvio dello studio, fatto che di per sé rende poco affidabili le valutazioni complessive.
Una delle preoccupazioni principali e più condivise riguarda comunque la perdita di massa muscolare, messa in luce in uno studio dello scorso gennaio che ha confermato l’equivalenza del digiuno rispetto ad altri regimi. Anche una metanalisi del 2024 ha mostrato che, quando si digiuna, si perde sempre massa magra, sostituita da tessuto adiposo. Per questo motivo, il digiuno intermittente è sempre sconsigliato a chi ha più di 50 anni.
Chi dovrebbe evitare il digiuno intermittente?
Analogamente, chi ha il diabete dovrebbe praticare il digiuno intermittente con molta attenzione, perché la sua alimentazione deve tenere conto degli orari di assunzione dei farmaci e di altri fattori che possono essere gravemente compromessi da un’astensione prolungata dal cibo e dal successivo innalzamento della glicemia. E questo vale anche per chi ha l’ipertensione. Altre categorie di persone che, secondo gli esperti, dovrebbero evitare assolutamente il digiuno sono i pazienti oncologici e chi ha un disturbo del comportamento alimentare, così come chi ha una grave insufficienza cardiaca. Neppure gli adolescenti sono esenti da rischi, e non è quindi il caso che si dedichino al digiuno.
Pertanto, in definitiva, per non correre rischi o avere effetti negativi il digiuno intermittente può essere praticato soltanto da adulti in buona salute. I quali non si devono aspettare risultati migliori di quelli che otterrebbero con una dieta qualunque che preveda una restrizione calorica, e devono tenere presenti i rischi aggiuntivi come quello della perdita di massa muscolare.
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