Perché le diete non funzionano? Ce lo si chiede quando i chili persi ricompaiono dopo tanti sforzi. Il nutrizionista Raffaele Scarabelli, autore di La dieta della vita vera (Vallardi), nel suo libro, così come sui social (dove per tutti è @beardscara), non ci gira molto intorno: è anzitutto una questione di volontà, ma anche di spirito di adattamento. Ormai tutti dovremmo sapere che l‘alimentazione deve essere varia e bilanciata, che va accompagnata all’esercizio fisico e che non c’è modo migliore per vivere meglio e in salute, eppure spesso ci lasciamo andare. I motivi sono diversi, almeno 7 secondo il nutrizionista “delle persone normali” (come è soprannominato Scarabelli). Ce li ha elencati.
Perché le diete non funzionano in 7 motivi
Raffaele Scarabelli, La dieta della vita vera (Vallardi)
1. Ognuno è diverso
Dice Scarabelli: «Ci vantiamo di non volerci omologare, di essere tutti diversi, ma quando si tratta di diete tutti seguiamo le mode senza porci domande. Ma ognuno di noi è a sé, e ognuno di noi deve imparare ad ascoltare il proprio corpo, e anche in base a quello impostare uno stile di vita sano».
2. La dieta non è sinonimo di costrizione
Prosegue Scarabelli: «Viviamo con il preconcetto che, per trovare la giusta forma fisica, sia essenziale fare delle rinunce. Non è così. Poi ovvio che più è alto l’obiettivo, più tempo si impiega ad abituarsi a un’alimentazione sana e bilanciata, ma non è mai tanto difficile come si potrebbe pensare. E, soprattutto, dopo essersi abituati non si torna indietro, perché ci si sente meglio».
3. Etichettiamo il cibo giusto o sbagliato
«Ripeto spesso che, se una cosa è logica, non è detto che sia facile da applicare: per questa ragione, anche se si conoscono le “regole”, poi si infrangono. Ecco perché il cibo non va etichettato in “buono” o “cattivo”, anche perché le nostre vite sono così complesse che non è sempre facile avere a disposizione alimenti sani. Perciò, anziché sforzarsi inutilmente a non mangiare determinati cibi, bisognerebbe capire come gestirli e considerare l’alimentazione quotidiana nel suo insieme. Se a pranzo “ho sgarrato”, a cena mi terrò leggero».
4. Non sappiamo affrontare l’imprevisto
«Sappiamo che un pasto sano è composto da una fonte di carboidrati, una di proteine, una di fibre e una di grassi sani, perciò in base a questo potremo pensare a cosa scegliere al ristorante, o anche a come sostituire la schiscetta in ufficio quando abbiamo dimenticato di prepararla. Un piatto di riso, pollo e broccoli può essere sostituito – rispettivamente – con pane, affettato e insalata comprati al supermercato, invece che con un tramezzino al bar. Idem la colazione: se siete al bar e c’è solo un cornetto, magari prendetelo piccolo, poi però mangiate uno yogurt per garantirvi le proteine necessarie per affrontare la giornata».
5. Non ascoltiamo la fame
«Vi siete mai chiesti se la vostra sia fame vera o gola? Spesso mangiamo per tristezza, noia, perché quel determinato cibo ci appaga. Del resto siamo cresciuti con la nonna che ci ha sempre rincuorato dopo ogni pianto promettendoci un gelato. Ma se questo meccanismo si perpetua, il cibo diventa compensazione e non un alimento. Alla lunga, oltre a farci prendere peso, quest’abitudine può trasformarsi in fame nervosa e diventare pericolosa».
6. Pretendiamo risultati veloci
«Quando si ha necessità di perdere tanto peso si tende a intraprendere diete drastiche, che una volta concluse fanno riprendere i chili persi. Invece il peso si perde peso lentamente mangiando sano, rendendo un’alimentazione corretta un’abitudine quotidiana insieme all’esercizio fisico. È l’unico modo per essere in forma e per non riprendere i chili persi».
7. Vogliamo deresponsabilizzarci
«Non ammetteremo mai di non essere stati così irreprensibili: non ammetteremo mai che abbiamo mangiato male per un attacco di rabbia o che non siamo andati in palestra perché non ne avevamo voglia, perché avremo sempre una scusa pronta. Quando capita anche a voi, chiedetevi: quanto mi fa bene?».
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