di
Maria Giovanna Faiella
Negli ultimi 15 anni è aumentato il consumo di cibi ultra-processati e diminuita la qualità dell’alimentazione. A tavola pochi alimenti vegetali (come legumi) e troppi cibi di origine animale (carne rossa e salumi), snack dolci e salati, vino e birra. Lo studio
Siamo tra i Paesi simbolo della dieta mediterranea, che rappresenta uno «scudo» protettivo nei confronti di diverse malattie, oltre che essere utile per mantenere il peso forma e, se serve, anche per dimagrire abbinando l’attività fisica. Questo tipo di alimentazione si basa prevalentemente su fonti vegetali, quindi cereali (pane, pasta, riso) preferibilmente integrali, poi legumi, olio d’oliva, frutta, verdure, con un modesto consumo di alimenti di origine animale (carni magre, pesce, uova, latticini). Eppure, secondo un recente studio «The 15-year trend in adherence to dietary recommendations and ultra-processed food consumption in Italy», pubblicato sulla rivista Frontieres in Nutrition, gli italiani consumano pochi alimenti vegetali, troppi cibi di origine animale come carne rossa e salumi e molti alimenti voluttuari come snack dolci e salati, vino e birra.
Lo studio
Gli autori dello studio – Jacopo Niccolò Di Veroli, Sara Capruzzi e Umberto Scognamiglio del Consiglio per la ricerca in agricoltura e l’economia agraria-Centro di ricerca per gli alimenti e la nutrizione (CREA-Alimenti e Nutrizione) e Laura Rossi, direttrice del reparto Alimentazione, Nutrizione e Salute dell’Istituto Superiore di Sanità, che ha coordinato la ricerca – hanno analizzato l’evoluzione dei modelli alimentari in Italia tra il 2005-2006 e il 2018-2020, in due gruppi di popolazione, adulti (18-64 anni) e anziani (65-74 anni), confrontando le abitudini alimentari con le Linee Guida Italiane per un’Alimentazione Sana e le raccomandazioni EAT-Lancet per una dieta sana e sostenibile.
L’obiettivo era valutare la qualità della dieta degli italiani, in base a indici che segnalano l’aderenza alle raccomandazioni nutrizionali, importante determinante della salute pubblica, data la loro influenza sul rischio di malattie non trasmissibili e sul benessere generale.
In particolare, sono stati utilizzati l’indicatore di aderenza alle linee guida dietetiche italiane (AIDGI) e l’indice mondiale per la sostenibilità e la salute (WISH2.0), oltre a stime del consumo di alimenti ultra-processati (UPF) come indicatore di scarsa qualità della dieta.
La qualità dell’alimentazione può migliorare
Spiega la dottoressa Rossi, coordinatrice dello studio: «I risultati della nostra ricerca indicano un lieve peggioramento dell’aderenza alle raccomandazioni, con un eccesso di consumi di alimenti di origine animale, in particolare carne rossa e salumi, e uno scarso consumo di alimenti vegetali, soprattutto di fonti di proteine vegetali, come i legumi. Tendiamo a criminalizzare i carboidrati e a consumare molti alimenti voluttuari come snack dolci e salati, vino e birra. In particolare, questo è vero per gli adulti, mentre per gli anziani e le donne la situazione è lievemente migliore – precisa l’esperta –. A guidare questa tendenza negativa è l’aumento del consumo di alimenti ultra-processati (UPF) che, sebbene in termini di peso rappresentino solo il 6% del totale del cibo consumato, contribuiscono al 23% dell’apporto energetico giornaliero».
C’è però una buona notizia: i risultati dello studio segnalano che ci sono ampi margini di miglioramento della nostra alimentazione, poiché i punteggi ottenuti applicando i due indicatori (AIDGI e WISH2.0) si attestano intorno al 50% del valore massimo teorico raggiungibile.
Anziani e donne mangiano meglio di giovani e adulti
In base ai risultati della ricerca, le persone che hanno tra i 65 e i 74 anni, in particolare le donne, seguono abitudini alimentari più sane di quanto non facciano giovani e adulti di età compresa tra i 18 e i 64 anni. E, se nel tempo gli over65 hanno migliorato la loro alimentazione, giovani e adulti invece
mangiano peggio.
Ultra-processati: troppi piatti pronti, snack e bevande zuccherate
Come dimostra la ricerca, negli ultimi anni è aumentato il consumo di alimenti «ultra-processati» (UPF), quali snack dolci e salati come merendine e patatine fritte, piatti pronti preconfezionati a lunga conservazione, bevande zuccherate.
Afferma la direttrice del Reparto Alimentazione Nutrizione e Salute dell’Istituto Superiore di Sanità: «Un altro dato significativo emerso dalla ricerca riguarda il cambiamento nel consumo di alimenti processati, cioè quegli alimenti molto lavorati soprattutto a livello industriale e che hanno additivi, coloranti ecc. Nei 15 anni esaminati nello studio, la loro percentuale di apporto energetico è quasi raddoppiata rispetto al 2005-2006. Gli alimenti ultra-processati che troviamo più frequentemente sulle nostre tavole – riferisce la dottoressa Rossi – sono le bevande zuccherate, gli snack dolci come merendine o biscotti, e salati, quali per esempio patatine fritte, caramelle, cioccolatini, carne e pesce trasformati, piatti pronti».
Al contrario, come emerge dallo studio, il consumo di alimenti trasformati (PF) è diminuito in termini di peso, dal 16 all’11%, mentre il loro contributo all’apporto energetico è rimasto relativamente stabile.
5 consigli degli esperti
La categoria degli alimenti ultra-processati comprende una vasta gamma di prodotti, che possono avere un impatto diverso sulla salute, come spiega
Rossi: «I dati mostrano che alcuni sottogruppi di alimenti ultra-processati, come i cereali integrali o le alternative vegetali alla carne, possono persino associarsi a un rischio inferiore per la salute rispetto ad altri, come le bevande zuccherate o certi prodotti animali ultra-processati». Da qui la necessità di una strategia di sanità pubblica, secondo gli autori dello studio, che danno alcune indicazioni utili a tutti. In particolare:
1. non evitare tutti gli alimenti ultra-processati a prescindere: è bene sempre leggere le etichette e valutare cosa c’è dentro, prediligendo la scelta di alimenti freschi;
2. preferire UPF senza zuccheri aggiunti, con poco sale e con meno additivi;
3. usare gli alimenti ultra-processati in modo oculato e non abitualmente come sostituti degli alimenti freschi;
4. ridurre gradualmente il consumo di bevande zuccherate o dolcificate;
5. prestare attenzione anche a zucchero, sale e grassi saturi in prodotti apparentemente «non processati» o tradizionali.
7 agosto 2025
© RIPRODUZIONE RISERVATA