di Chiara Amati

Si può mangiare sano, con gusto, spendendo il giusto e conciliando scienza e cucina? Il biogerontologo ligure e lo chef tristellato rispondono così

«Il gusto è una leva fondamentale per educare, includere e trasformare la nostra società. Se ancora oggi ‘gustoso’ è spesso pensato in antitesi a ‘salutare’, conciliarli per me non è solo naturale, ma indispensabile. È un modo per rivoluzionare l’approccio al cibo e al benessere. Una sfida che porto avanti da tempo. E che nasce dallo studio e dalla osservazione delle mie ricette: tutte realizzate con ingredienti semplici, rispettosi della tradizione ma capaci di evolvere». Niko Romito, chef e patron del ristorante «Reale», tre stelle Michelin a Castel di Sangro, L’Aquila, spiega come sia importante portare in tavola la salute, sempre e comunque, anche e soprattutto quando si parla dei bambini delle scuole e dei degenti negli ospedali. Una mission che condivide con Valter Longo, professore di Biogerontologia e Direttore dell’Istituto sulla Longevità a USC (University of Southern California) — Davis School of Gerontology di Los Angeles, tra i centri più importanti per la ricerca in materia d’invecchiamento e di malattie correlate all’avanzamento dell’età. Insieme hanno stilato un documento il cui obiettivo – spiega Longo – «è quello di promuovere un sistema innanzitutto replicabile e capace di avere sbocchi fattivi, a partire dalla ristorazione pubblica, dando basi a un cambiamento nel modo in cui cuciniamo, pensiamo e mangiamo il cibo, e unendo gusto, salute, sostenibilità e accessibilità. Dobbiamo costruire un nuovo approccio alimentare che parta dalla consapevolezza scientifica e arrivi fino al piatto di ogni giorno».

I cinque i pilastri fondamentali del manifesto
Al primo posto, insieme alla personalizzazione per la salute, c’è la libertà di scelta, con piatti da meno ingredienti potenzialmente problematici e uno studio maggiore delle ricette. «Il professionista ha l’obbligo di capire tutto di chi ha davanti: estrazione sociale, esigenze, abitudini…», puntualizza Longo. «Poi deve saper prendere per mano e accompagnare per il tempo che serve, sperimentando: cioè togliendo alimenti, aggiungendone altri. Io parto dando quel che serve all’organismo in quel dato momento e poi modifico in base alle risposte. Una prassi tutto sommato semplice che, però, non segue nessuno a parte il team di medici e nutrizionisti nei centri della mia fondazione».



















































In merito al binomio piacere e salute – secondo punto del manifesto – è Romito a parlare: «Questa è una sfida che portiamo avanti da tempo. Da chef, quando creo un piatto mi rendo conto che mi soddisfa prima di tutto dal punto di vista creativo e gustativo. Poi noto che ha anche valori nutrizionali preziosi per il benessere del nostro organismo. È incredibile come la ricerca che da anni faccio sul rapporto tra gusto, bellezza e creatività corrisponda a un piatto sano, digeribile e salutare, privo di sovrastrutture. In particolare, i vegetali contengono nutraceutici indispensabili. Ho individuato una serie di codici e trasformazioni che possono essere trasferiti a modelli di ristorazione più accessibili». 

Piacere e salute, dunque, non sono opposti, fa eco Longo. «Ad esempio, la pasta vajaneja – ricetta con 10 ingredienti – che mangiava salvatore Caruso a Molocchio lo ha aiutato a arrivare 110 anni».
Terzo pilastro del manifesto consiste nella imprescindibilità di rendere il cibo buono e sano accessibile a tutti. Per Longo «le ricette della salute devono poter costare poco ed entrare in scuole, ospedali, mense e case. Quando abbiamo iniziato a parlare con i politici americani, tutti ripetevano che servono negozi di frutta e verdura. Siamo rimasti basiti. In realtà, si possono usare ottimi prodotti surgelati: basta trovare i punti vendita giusti. Catene come Costco offrono alimenti biologici surgelati a prezzi accessibili, così tutti possono beneficiarne. La povertà non deve escludere un’alimentazione sana: legumi secchi, fagioli e frutta secca costano molto meno della frutta fresca e, spesso, persino di un pasto da fast food. Il problema è l’educazione alimentare. Negli Emirati stiamo lavorando a un programma per bambini obesi e sovrappeso. Poi, se si vuole cambiare davvero le abitudini, bisogna entrare nelle case, capire le routine familiari e accompagnare le persone, come stiamo suggerendo al ministro della salute in loco, ma anche a quello in Campania dove grazie al Presidente De Luca e agli assessori e in collaborazione con il Dottor Bottino dell’Ospedale Betania, stiamo partendo con un programma nutrizionale per i ragazzi nelle scuole». 

«Anche noi chef – fa eco Romito – dobbiamo generare cultura ed essere d’esempio. Grazie alla nostra visibilità, possiamo davvero incidere sul modo in cui le persone guardano al cibo. Quando ho lanciato il progetto di ‘Intelligenza nutrizionale‘ sembrava un’utopia: molti si chiedevano che cosa c’entrasse ‘uno come me’ (leggi chef stellato, ndr) con le mense ospedaliere.
Eppure oggi quella ricerca continua a evolvere e in gennaio presenteremo un progetto supportato dalla regione Abruzzo, in collaborazione con le ASL e le Università abruzzesi. Obbiettivo: integrare, nelle linee guida per la ristorazione scolastica, tecniche innovative che rivoluzionano l’idea di gusto e salute. Ed è proprio questo il punto: portare competenze e visione dove servono. L’alta ristorazione è la Formula 1 della cucina: qui nascono sperimentazioni, tecniche e processi che poi possono diventare patrimonio della ristorazione quotidiana. Faccio un esempio: l’ABS (sistema di sicurezza elettronico che impedisce alle ruote di bloccarsi durante una frenata brusca, ndr) è nato in pista e oggi si trova su tutte le nostre automobili. Allo stesso modo i ristoranti d’eccellenza devono essere laboratori di ricerca utili a modelli più semplici e accessibili. La collaborazione con Valter è stata decisiva: grazie alla sua conoscenza ho maturato una profonda consapevolezza degli effetti del cibo sul corpo. Effetti che cerco poi di tradurre nei piatti. Noi cuochi, insomma, dobbiamo poter fare nostro il sapere scientifico e trasformarlo in piacere e salute. Questo è il vero equilibrio».

Sul fronte della tradizione, della ricerca e della innovazione – quarto pilastro – Longo è inamovibile: «Non possiamo più pensare alla dieta mediterranea così com’è stata raccontata fino a ora. La tradizione, da sola, non basta a costruire un modello alimentare da proporre alle persone.  Bisogna imparare anche dalla dieta di Okinawa, di Loma Linda in California, da studi clinici, quelli sui modelli animali e quelli epidemiologici».

Infine una riflessione su ciò che non mangiamo, data dalla constatazione che un digiuno di circa 12 ore giornaliere possa avere impatto positivo sulla salute di bambini e adulti. «Oggi sappiamo che un digiuno quotidiano di circa 12 ore può portare benefici significativi. E non è affatto un’impresa: basta considerare il semplice intervallo tra una cena a un’ora ‘umana’ e la colazione del mattino. Però sappiamo anche che un digiuno di 16 ore, soprattutto se prevede di saltare la colazione, è associato a una vita più breve e non più lunga. Quindi, la scienza e gli scienziati dovrebbero avere un ruolo molto più centrale nel guidare medici, nutrizionisti e altri esperti di stile di vita.», conclude Longo.

Dalla teoria alla pratica
Basta questo ad assicurarci una longevità sana? Non proprio. Accanto al manifesto del gusto della longevità, Longo ha stilato anche un decalogo che suona da ipoteca sul futuro. Ecco, in dieci punti, che cosa dovremmo fare nel quotidiano.

  1. Preferire una dieta pescetariana. Secondo Longo importante è «privilegiare alimenti di origine vegetale e inserire il pesce nel menu al massimo due o tre volte alla settimana, evitando quello con alto contenuto di mercurio. E ancora: dopo i 65-70 anni cerchiamo di introdurre più pesce, carne bianca, frutta e qualche altro alimento di origine animale, come latticini e uova per prevenire il dimagrimento e la perdita di massa muscolare».
  2. Prestare attenzione alle proteine. «È consigliabile consumare circa 0,8 g di proteine al giorno per chilo corporeo, facendo attenzione ad aumentare questo quantitativo dopo i 65-70 anni come indicato al punto uno».
  3. Introdurre nella dieta grassi insaturi e carboidrati complessi. «Mai far mancare a tavola i grassi insaturi buoni, a partire dall’olio d’oliva fino alla frutta a guscio e al pesce. E i carboidrati complessi, come quelli che si trovano nei cereali integrali, nei legumi e nelle verdure. Inoltre, va ricordato che la frutta è una fonte di zuccheri semplici che, per alcune persone può essere fonte di intolleranza: va quindi scelta e assunta con moderazione».
  4. Studiare bene il menu: «Da variare il più possibile sono le fonti nutritive in modo che la dieta apporti, in quantità adeguate, proteine, acidi grassi essenziali (omega-3, omega-6), minerali, vitamine e anche zuccheri che, nella giusta misura, sono necessari per le cellule. A breve avremo una app gratuita che renderà questo molto più facile per il pubblico ma anche per i nutrizionisti».
  5. Mangiare alla tavola dei propri antenati. «L’ideale è scegliere i cibi tra quelli della Dieta della Longevità che erano presenti sulle tavole di nonni e bisnonni. Qualche esempio? Preferite i legumi: fave, lenticchie, ceci, lupini, noci e mandorle. Oppure i cereali: orzo, grano, farro, miglio, segale e sorgo, da utilizzare anche per la preparazione di minestre. Ma attenzioni a non fare grandi e veloci cambiamenti della dieta che potrebbero portare ad altri problemi».
  6. Sostituire il pranzo con uno spuntino con meno di 100 kcal (qualche noce, un frutto…). «Questa indicazione è per i soggetti che devono perdere peso. In persone normopeso e con circonferenza addominale non elevata, è possibile fare tre pasti e uno spuntino».
  7. Ridurre l’arco temporale dei pasti. «Bisogna cercare di limitare l’arco temporale in cui si consumano i pasti a 12 ore al giorno. Se, per esempio, si finisce di cenare alle 20.00 la colazione andrebbe consumata dalle 8.00 in poi».
  8. Programmare diete Mima-Digiuno prolungate e periodiche. «La dieta Mima-Digiuno è stata studiata in almeno 40 studi clinici svolti da molte università sulla correlazione tra cinque giorni ogni 1-3 mesi di una dieta con basse calorie e una specifica combinazione di macronutrienti per “mimare” il digiuno, appunto, e il processo di rallentamento dell’invecchiamento cellulare. Si basa sull’assunzione di un menu vegetale, non percepito dall’organismo come “cibo” che interferisce con il digiuno. Un menu che aiuta le cellule a riposare, consentendone la rigenerazione e il ringiovanimento dall’interno. Per le persone con malattie o a rischio la dieta va seguita sotto la supervisione del nutrizionista e del medico».
  9. Fare della Dieta della Longevità uno stile di vita che include 150 minuti a settimana di esercizio fisico e un’ora al giorno di cammino.
  10. Mantenere un peso e una circonferenza della vita idonei. «Idealmente meno di 90 cm per gli uomini e meno di 75 cm per le donne».

26 novembre 2025