di Angela Frenda

Il divulgatore racconta nel nuovo libro la sua esperienza, dalla chetogenica al digiuno intermittente. Arrivando a una conclusione: è tutta questione di quanto mangiamo rispetto a quanto consumiamo. Con qualche avvertenza

La dieta termodinamica poteva essere la dieta di tutte le diete. Quella che avrebbe scritto la parola fine ad ogni altra teoria sul dimagrimento. Peccato però, come rivela sornione il suo «ideatore», il chimico e (seguitissimo) divulgatore scientifico Dario Bressanini, che la dieta termodinamica non esiste. O meglio, ne esiste il principio, che è poi quello che regola il funzionamento del nostro corpo. «Il resto è una battuta un po’ sbruffona che un giorno ho fatto rispondendo a chi sui social mi chiedeva come avessi fatto a dimagrire!». L’idea ha funzionato, tanto che ha dato il titolo al nuovo libro di Bressanini, La dieta termodinamica (Mondadori), in uscita il 7 ottobre ma già in testa alle classifiche dei preordini. Un volume che ha l’obiettivo di fare chiarezza in modo scientifico sul mondo del dimagrimento e funzionare da manuale per districarsi tra medici influencer, terapisti, opinionisti del benessere, false credenze e operazioni di marketing. Usando un unico, e solo, strumento: la scienza.

Ma tutto è partito da una foto…
«Già, lo racconto nel libro. Era il 2016. Io ero invitato a Viterbo per una conferenza e mi scattarono una fotografia nella quale apparivo davvero ingrassato. Lo sapevo, eh, che negli anni avevo preso peso. Era stata una lunga salita, di chilo in chilo. Ma vedersela così, davanti agli occhi, mi fece un certo effetto. Quella pancia faceva capolino da sotto la polo azzurra e non potevo ignorarla. In più avevo anche fastidi alla schiena, alle braccia, il fiatone…».



















































Così ha deciso di dimagrire, come altre milioni di persone.
«Per forza. Dovevo. Appena laureato pesavo 65 chili per 173 centimetri. Ero arrivato a pesare invece 88 chili. Rischiavo di andare nel livello di obesità di primo grado… Purtroppo però all’inizio ho approcciato questo mondo con l’arroganza dello scienziato. Mi dissi: che ci vuole? È solo termodinamica… Così come sono ingrassato posso dimagrire. Avevo le basi, facendo divulgazione scientifica sul cibo e la nutrizione, per costruirmi una dieta personalizzata: calcolai i macronutrienti, mi iscrissi in palestra… E mi fu subito chiaro che alla base di tutto c’è un concetto molto semplice, che è poi il senso del mio libro: è tutta una questione di quanto mangiamo rispetto a quanto consumiamo. Nel corso di questo lungo viaggio ho preso atto anche di quante informazioni contrastanti ci vengono lanciate addosso sul perché ingrassiamo e su come dovremmo fare a perdere peso. In giro ci sono molti ciarlatani che vogliono venderci il loro segreto per dimagrire. Ma non esiste nessun segreto: ingrassi perché mangi più di quel che consumi. Solo che a volte mentiamo anche a noi stessi».

Il primo principio della termodinamica è lo strumento che lei usa per spiegare il funzionamento del nostro organismo rispetto al peso.
«Sì, e parto proprio applicando la formula al tema. Però, c’è un però, le devo anche dire che ho capito che pur essendoci alla base di tutto la termodinamica, esistono altri fattori da considerare. L’ho sperimentato sulla mia pelle, quando a distanza di un anno ho ripreso tutti i chili persi. Era bastato smettere di andare in palestra e non porre più attenzione a quel che mangiavo. Poi erano arrivati anche altri cambiamenti: la pandemia. Ma soprattutto la scoperta del tumore all’occhio…».

Del tumore lei ha parlato pubblicamente.
«Ho avuto un tumore molto raro, lo stesso che aveva colpito Oliver Sacks. L’ho scoperto per caso. Non si può trattare con la chemioterapia ma devi beccarlo prima possibile per non farlo crescere troppo. Mi ha danneggiato un occhio e mi porto dietro i segni psicologici, oltre che fisici. Vivo di sei mesi in sei mesi, aspettando i follow up. Ma avevo bisogno di raccontarla questa cosa, anche per aiutare altre persone a individuarlo».

Torniamo alla sua ripresa di peso. Le è successa una cosa molto comune purtroppo…
«Lo so, ed anche inevitabile, come spiego nel mio libro. Il nostro corpo ha un sensore che stabilisce quanto grasso accumulare, chiamiamolo “lipostato”. Un po’ come il termostato di casa. Ogni volta che dimagriamo il corpo innesca una reazione per tornare al valore programmato. Però io non mi sono scoraggiato e ho deciso di riprovarci, solo con più consapevolezza di tutti i meccanismi che regolano questo processo. Evitando così agli altri gli sbagli che avevo fatto io. E liberandoli anche dal senso di colpa che spesso colpisce chi cerca di dimagrire. La fisica e la biologia sono un dato di fatto che può aiutarci a comprendere tutto, senza cercare all’esterno nemici invisibili. Così è iniziato il mio viaggio personale nel mondo delle diete. Mi sono messo in gioco, provandole in prima persona, dalla chetogenica al digiuno intermittente: volevo sperimentare sulla mia pelle le difficoltà di chi le segue».

Riguardo alla termodinamica: ma noi siamo davvero un ammasso di reazioni chimiche che cammina?
«Sì, in un continuo scambio di energia e materia con l’ambiente che ci circonda. Lo so, sembra una descrizione un po’ arida. Ma è la verità. Il termine metabolismo deriva dal greco metabolè, che significa trasformazione. Ed è quello che fa il corpo: trasforma molecole in altre molecole. Senza sosta. Ecco perché per chiunque voglia dimagrire non ci sono alternative: o si agisce sull’energia che ingeriamo tramite il cibo o si agisce sull’energia che consumiamo. È un bilancio rigido di entrate e uscite. Qualsiasi metodo miracoloso prometta come risultato la perdita di chili in breve tempo viola i principi di conservazione dell’energia e della materia e non può funzionare».

Cioè i chili vanno persi lentamente?
«Esatto. Ma non lo dico io. Lo dice la termodinamica. Però va anche spiegato che comprendere queste leggi ci aiuta ad essere più consapevoli di cibo e diete, ma non spiega le cause primarie dell’obesità o le ragioni per cui alcune diete funzionano meglio di altre a livello individuale. Inoltre, la gestione del peso nel lungo termine, come ho potuto sperimentare in prima persona, coinvolge fattori fisiologici, ormonali e comportamentali. Non si tratta solo di forza di volontà: purtroppo non abbiamo il controllo completo di quanto, cosa e quando mangiare. Anche se pensiamo di averlo. E va sfatato anche il mito dell’attività fisica…».

Contesta pure la palestra?
«Ma no, serve per carità. Perché fa bene alla salute e ci aiuta a costruire massa muscolare. Ma la quantità di energia che spendiamo con l’attività fisica volontaria è spesso una frazione minoritaria del nostro consumo energetico totale, e il nostro controllo su di essa e sull’energia introdotta col cibo è meno diretto di quanto pensiamo a causa di complessi meccanismi fisiologici e ormonali. Anche un’attività fisica rilevante può portare a perdite di peso abbastanza modeste… Insomma, camminare ci fa bene, ma non ci fa per forza dimagrire».

Le calorie: concetto superato?
«Una caloria è una caloria, a patto di misurare tutto correttamente. Ma sappiamo che l’effetto termico delle proteine è più elevato di quello dei carboidrati, mentre è quasi nullo quello dei grassi. A parità di calorie e proteine, diete a diverso contenuto di grassi e carboidrati non sembrano portare a consumi energetici diversi. La composizione della dieta, per esempio più proteine o fibre, può influenzare la sazietà e l’introito calorico spontaneo».

Cosa ne pensa del digiuno intermittente e della chetogenica? Lei ha provato entrambi i metodi per tre settimane.
«Il digiuno intermittente è una strategia che definisce quando — ma non cosa — mangiare, e ne esistono molte varianti. Ma a parità di calorie non sembra offrire vantaggi superiori per la perdita di peso rispetto alla restrizione calorica tradizionale. È solo psicologicamente più facile da seguire per alcune persone. Qui gli studi sono a breve termine: sono necessarie ricerche più lunghe per valutarne la sostenibilità sul lungo periodo. La chetogenica invece è nata ai primi del Novecento per trattare bambini con forti crisi epilettiche. Ora è usata anche per dimagrire. Ma la notevole perdita di peso iniziale è dovuta per lo più ad acqua legata allo svuotamento delle riserve di glicogeno, non alla perdita di massa grassa. Inoltre, sul lungo periodo i risultati sono simili a quelli di altre diete ipocaloriche. Anche qui non esistono studi a lungo termine: non sappiamo cosa succede se la seguiamo per anni. Nessuno lo sa con certezza. Quando l’ho seguita sono stato molto rigoroso. Ma non mi ha convinto … Il rischio di queste diete estreme è che dopo ti abbuffi e riprendi velocemente peso».

Carboidrati: sì o no?
«Le rispondo: il giusto. Mangiarli con moderazione sembra la strategia ottimale. Le diete low carb fanno perdere molto peso all’inizio, ma anche in questo caso il dimagrimento è dovuto all’acqua legata alla riduzione delle riserve di glicogeno. Nel medio lungo termine (6-12 mesi) le low carb non sembrano essere superiori ad altre diete ipocaloriche. Insomma, i carboidrati non fanno ingrassare più delle proteine o dei grassi. Demonizzati da sempre, non sono il nemico. Restringerli troppo può portare a deficit nutrizionali e anche a un peggioramento delle condizioni di salute».

Dal frullato di pecora al DNP, che provoca la cecità. E poi Romonabant, Lorcaserin, Fentermina… Le pillole dimagranti hanno sempre esercitato un’attrazione morbosa in chi doveva perdere peso e lei le analizza caso per caso ricostruendone la storia.
«L’idea di usare le pillole per dimagrire, senza cambiare abitudini alimentari, è vecchia e pericolosa. Pensi che il DNP, vietato dagli anni Trenta del secolo scorso per i suoi rischi, è ancora venduto illegalmente online come bruciagrassi. E rappresenta un grave pericolo per la salute. Qualsiasi prodotto che prometta un dimagrimento rapido e senza sforzo deve essere guardato con scetticismo. La storia dei farmaci per dimagrire è disseminata di grandi promesse seguite da estreme delusioni. C’è un vero e proprio “cimitero” delle pillole dimagranti. Penso anche alle anfetamine, che creano dipendenza ed effetti collaterali».

Oggi però ci sono i nuovi farmaci anti-obesità.
«E sono una nuova speranza. Per chi vive esperienze faticose e dolorose di obesità l’arrivo di questi farmaci è più di una novità clinica. È uno spartiacque. Aiutano a gestire la complessità biologica, psicologica ed emotiva dell’obesità per rendere il deficit calorico meno gravoso. Agiscono sul’ipotalamo regolando il senso di sazietà. Riducono il food noise, il rumore di fondo del cibo. E rallentano lo svuotamento dello stomaco. Certo, non riescono ancora a garantire che non si riprenda peso una volta sospesi, ma questo avviene anche con le diete in genere. Insomma, io sono favorevole. Danno benefici sicuri: ti fanno perdere tanto peso. La Tirzepatide addirittura il 25 per cento del tuo peso iniziale. E per quanto riguarda la loro sicurezza per fortuna abbiamo una farmacovigilanza che funziona…».

Bressanini, ma un’ultima domanda gliela posso fare? Quanto peso ha perso dall’inizio di questa sua sperimentazione legata al libro?
«Circa nove chili. Però ne vorrei perdere ancora qualcuno. Comunque, mentre le parlo, indosso i miei pantaloni di dieci anni fa…».

Dieci verità sulle diete di Dario Bressanini

  1. Per chiunque voglia dimagrire non ci sono alternative: o si agisce sull’energia che ingeriamo tramite il cibo, o si agisce sull’energia che consumiamo.
  2. Qualsiasi prodotto che prometta un dimagrimento rapido e senza sforzo, solo agendo sul metabolismo, dovrebbe essere guardato con estremo scetticismo.
  3. Dove sono finiti gli atomi che componevano i grassi sotto la mia cintura? Nell’aria. Espiriamo il grasso dai polmoni.
  4. Ci servono un sacco di sostanze che non forniscono energia ma sono essenziali per vivere.
  5. Noi ci illudiamo di avere il controllo completo e spontaneo di quanto e cosa mangiamo. In realtà il cervello dà degli ordini a nostra insaputa.
  6. Ai fini del bilancio energetico per la perdita di peso, non esistono calorie buone o calorie cattive: l’energia è energia.
  7. Per veder scendere la bilancia di un kg dobbiamo consumare circa 7700 chilocalorie.
  8. Il nostro corpo, nel tentativo di mantenere l’equilibrio, può rispondere all’aumento dell’esercizio fisico spingendoci inconsciamente a mangiare un po’ di più o a ridurre altre forme di dispendio energetico.
  9. Far scendere il maledetto ago della bilancia è solo la metà della lotta. La vera bestia nera è riuscire a mantenere il nuovo peso.
  10. È un dato di fatto: nessuno segue una dieta dimagrante per tutta la vita.

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3 ottobre 2025